L’importanza di un approccio LCA durante l’intera vita di un edificio

Giovedì, 18 Maggio, 2023
Autore: 

Caterina Gargari - dottore di ricerca, consulente energetico, valutatore LCA e progettista

Editore / Rivista: 

Il Giornale dell'Ingegnere - N.3/2023

 

Per un impiego efficiente e circolare delle risorse materiali ed energetiche

Nella progettazione di un edificio, la soluzione migliore dal punto di vista della sostenibilità e della circolarità e individuabile solo caso per caso. In un’ottica di decarbonizzazione, non è pensabile compiere scelte teoriche e decontestualizzate. L’approccio metodologico che garantisce una lettura esaustiva della complessità intrinseca nel concetto di sostenibilità dell’edificio e, come peraltro ribadito nelle più recenti comunicazioni e iniziative della EU, quello dell’LCA (Life Cycle Assessment) in grado di misurare gli impatti ambientali dell’opera costruita lungo l’intero ciclo di vita, dalla culla alla tomba.

In questo modo, si garantisce un impiego efficiente e circolare delle risorse, materiali ed energetiche, durante l’intera vita dell’edificio, riducendone gli impatti e minimizzando di conseguenza l’impronta ambientale.

Tutte le fasi della vita di un edificio, dalla produzione dei materiali sino alla demolizione e al fine vita, devono essere valutate in relazione al contesto specifico di realizzazione dell’opera. Le condizioni locali sono determinanti nel definire, per esempio, la disponibilità di materie prime e fonti energetiche e le conseguenti risorse necessarie per il loro sfruttamento. L’analisi accurata dei materiali disponibili localmente non deve trascurare quelle informazioni che, in un’ottica di circolarità e sostenibilità, possono risultare premianti nella prestazione finale dell’edificio, quali l’utilizzo nel processo di fabbricazione, di materiali riciclati e/o sottoprodotti, derivanti spesso dal recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione (“C&D”) e che sono comunemente tracciate nelle certificazioni ambientali di prodotto basate su uno studio LCA o su un bilancio di massa.

La forte spinta data dalla normativa, anche nazionale, nel promuovere con sempre maggior decisione l’economia circolare e il riuso/ riciclo dei prodotti ha spinto il mondo della produzione dei materiali da costruzione verso un’innovazione di processo volta a limitare l’estrazione di materie prime a ridurre le emissioni legate alla produzione. La ricerca tecnologica ha consentito di sviluppare nuovi materiali che fanno largo impiego di rifiuti, sottoprodotti industriali e materiali di scarto (sabbia di fonderia, loppa d’altoforno granulata macinata, ceneri, fumi di silice nel settore specifico della produzione dei cementi) riducendo significatamene gli impatti ambientali e la quota di energia inglobata nei materiali da costruzioni associati alla fase di produzione dei materiali (A1-A3). La ricerca più recente ne documenta il rilevante contributo alla riduzione dell’impronta di carbonio dell’edificio.

La disponibilità di materie prime locali incide in maniera significativa anche sugli impatti legati alle fasi di trasporto (dalla zona di estrazione al sito di produzione, dal luogo di produzione al cantiere) e, nell’ottica della sostenibilità, costituisce una discriminante significativa nella scelta della tecnologia costruttiva più adatta a rispondere alle esigenze prestazionali della progettazione, contenendo gli impatti ambientali inglobati nei materiali da costruzione. Analogamente, la possibilità effettiva (ossia tecnicamente realizzabile sulla base delle filiere esistenti al momento della progettazione), al termine della vita utile dell’edificio, di riciclare e recuperare parte di materiali impiegati per la realizzazione dell’opera condiziona in maniera rilevante l’impatto totale nel ciclo di vita e la sostenibilità complessiva dell’opera.

La gestione e il trattamento dei rifiuti da C&D può variare infatti in maniera estremamente significativa, non solo a livello nazionale, ma localmente in relazione alle filiere del rifiuto effettivamente attive sui diversi territori. Nella determinazione della prestazione ambientale del ciclo di vita in uno scenario cradle to grave la fase di fine vita dell’edificio può anche invertire i risultati di una valutazione condotta solo sino al cancello. 

PER UN’ANALISI LCA CORRETTA

Tutti questi aspetti devono essere quindi valutati attentamente e correlati fra loro per determinarne l’influenza sulle prestazioni ambientali dell’edificio. Solo da questa valutazione complessa, possono derivare le scelte dei materiali e delle tecnologie più efficaci in termini di economia circolare e impatto ambientale. E quindi evidente che qualsiasi indicazione di materiali o tecnologie fatta a priori, senza considerare il contesto climatico, produttivo, tecnologico ed economico di intervento e senza valutare tutte le fasi del ciclo di vita, non può ritenersi scientificamente ammissibile. La stessa norma EN15804:2019, per garantire obiettività, replicabilità e confrontabilità dei risultati dell’analisi LCA, esclude la possibilità di un confronto che non sia condotto a parità di metodo LCA e a parità di equivalente funzionale ed esclude quindi la comparazione tra materiali al di fuori del contesto dell’edificio.

Gli edifici sono, infatti, sistemi complessi di cui i processi di fabbricazione dei prodotti da costruzione costituiscono solo una parte del ciclo di vita. La sostenibilità di un edificio si valuta e si misura, invece, tenendo conto di ognuna delle fasi di vita di prodotti e sistemi che lo compongono inclusi i trasporti, la messa in opera, l’uso e la manutenzione in relazione alla durata di vita di ciascuno e alla vita utile dell’edificio e, ovviamente, il trattamento a fine vita, in relazione allo specifico contesto tecnologico ed economico di riferimento.

Numerosi studi condotti in ambito europeo dimostrano che un’analisi LCA limitata a una sola fase del ciclo di vita o a alcuni indicatori ambientali può portare a risultati fuorvianti. Per esempio, prendendo in considerazione la sola fase di produzione dei materiali (A1-A3 - cradle to gate) e alcuni indicatori selezionati arbitrariamente dalla lista degli indicatori obbligatori come, a esempio, il GWP (Global Warmig Potential), alcune soluzioni costruttive possono presentare impatti ambientali apparentemente minori rispetto ad altre. Estendendo l’analisi alle fasi di uso (B2-B4) e fine vita (C2-C4) lo scenario cambia considerevolmente e il risultato finale può, in alcuni casi, invertirsi.

È importante ricordare che la più recente evoluzione normativa obbliga a una analisi LCA che prenda in considerazione almeno le fasi di produzione (A1-A3), fine vita (C1- C4) e il modulo D di valutazione dei potenziali benefici attesi oltre i confini del sistema rendendo di fatto non congruo, ne valido scientificamente, ogni confronto condotto sulla base di uno scenario cradle to gate.

UNITÀ DICHIARATA E UNITÀ FUNZIONALE

Gli standard di riferimento per la misura della sostenibilità in edilizia   introducono inoltre due concetti essenziali per la gestione del processo di analisi comparativa tra design alternativi: l’unita dichiarata e l’unita funzionale.

La prima indica la quantità del prodotto utilizzata come unita di riferimento in una EPD per la raccolta, per ciascuno modulo del ciclo di vita, dei flussi (in uscita e in entrata) di materia, energia e rifiuti nel sistema. Definita dalla norma EN15804:2012+A2:2019 (“Sostenibilità delle costruzioni – Dichiarazioni ambientali di prodotto – Regole quadro di sviluppo per categoria di prodotto”), costituisce il riferimento dello studio di analisi ed è generalmente espressa dall’unita di peso (kg) o di volume (m3) del prodotto.

L’unità funzionale, invece, e definita nella ISO 14044 e fornisce il riferimento per la normalizzazione dei flussi di materia per ognuno dei moduli del ciclo di vita analizzati nello studio LCA. Essa definisce le caratteristiche specifiche del prodotto integrato nell’edificio e le prestazioni minime richieste anche in relazione alla durata di vita utile dell’edificio. L’obiettivo primario dell’unita funzionale in uno studio LCA e costituire il riferimento per la restituzione dei risultati su una base comune che consenta il confronto tra prodotti/ sistemi alternativi. Simile nel concetto, ma declinato a scala di edificio per consentire una descrizione delle più ampie funzioni di un edificio rispetto al prodotto, e il termine “equivalente funzionale” che costituisce una rappresentazione dei requisiti tecnici e/o requisiti funzionali quantificati per un edificio o un sistema assemblato (parte di opere), da utilizzare come base per il confronto.

La norma EN  15978:2011 (“Sostenibilità delle costruzioni  - Valutazione della prestazione  ambientale degli edifici - Metodo di calcolo”) stabilisce che i confronti tra i risultati delle valutazioni di edifici - durante l’intera vita utile dell’edificio, dalla progettazione all’uso alla demolizione - debbano essere effettuati solo sulla base della loro equivalenza funzionale. Il confronto deve essere, dunque, effettuato tra edifici equivalenti sotto il profilo funzionale. Ciò richiede che i principali requisiti funzionali siano descritti insieme all’uso previsto e ai relativi requisiti tecnici specifici. Questa descrizione consente di determinare l’equivalenza funzionale di diverse opzioni e tipi di edifici e costituisce la base per un confronto trasparente e imparziale. Alla luce di queste considerazioni emerge come solo un confronto basato sulla metodologia LCA armonizzata, che comprenda almeno tutte le fasi di vita dell’edificio obbligatorie, consenta di rispondere alla domanda su quale sia l’edificio o la soluzione costruttiva più sostenibile. Resta inteso che il piano e sempre quello relativo, ossia riferito allo scenario di progettazione specifico, mai quello assoluto.