L’attività del CAM Coordinator: Un percorso ad ostacoli

11 Gennaio 2024

Autore: Nunzia Coppola – Livio Izzo
 
Editore/Rivista: Il Giornale dell’Ingegnere – N.10/2023

 

Non solo competenza di merito ma anche nella verifica di Idoneità formale e sostanziale delle Certificazioni esibite.

Sappiamo che il “Decreto CAM” (DM 23/06/2022) ha anticipato alla fase progettuale l’individuazione dei Criteri Ambientali Minimi previsti in una Costruzione (Relazione CAM – par. 2.2.1)  individuando i Requisiti tecnici che deve avere il Progettista (par. 2.1.1) che qui viene individuato per semplicità come CAM Coordinator e cioè come il Professionista che si interfaccia con tutti gli altri (Architetti, Strutturisti, Impiantisti etc.) per l’individuazione e/o condivisione anche delle scelte materiche e/o progettuali CAM Compliant.

Il Coordinatore CAM o CAM Coordinator  è una figura professionale in grado di gestire integralmente il ciclo di vita di qualsiasi intervento, sia di restauro e/o recupero che di nuova edificazione, in modo da prevenire e ridurre gli impatti sull’ambiente, garantendone al contempo un’elevata qualità prestazionale complessiva ed una risposta concreta e proattiva alle nuove esigenze etico-sociali. Il ruolo del Coordinatore CAM diventa fondamentale e strategico, non solo per contribuire a sviluppare una cultura del progetto eco-compatibile e dell’eco-innovazione nelle imprese di costruzione, ma anche per accrescere la consapevolezza ambientale nei territori nei quali si interviene.

Questa nuova figura professionale deve anche indicare “i mezzi di prova che l’Esecutore dei lavori dovrà presentare alla Direzione Lavori. In particolare ”Il contenuto di materia riciclata ovvero recuperata ovvero di sottoprodotti è dimostrato tramite una delle seguenti opzioni, producendo il relativo certificato nel quale sia chiaramente riportato il numero dello stesso, il valore percentuale richiesto, il nome del prodotto certificato, le date di rilascio e di scadenza”…… e qui segue una lunga serie di possibili fattispecie certificative parecchio diverse le une dalle altre per spirito e criteri di certificazione.

Ovviamente il Cam Coordinator (CC) non può essere chiamato a giudicare della validità formale di uno di questi documenti ma sicuramente è responsabile del giudizio di idoneità del materiale, coperto da una di queste certificazioni, ai fini della rispondenza ai requisiti CAM, così come il Progettista è responsabile di aver esaminato la DOP, di un prodotto marcato CE, ai fini della sua Idoneità al progetto.

Né di più né di meno.

E questo compito non è affatto banale, data la grande varietà ed eterogeneità delle Certificazioni ammesse come mezzo di prova e data anche la relativamente recente diffusione di molte di esse.

Vediamo qualche esempio concreto.

Il primo mezzo di prova previsto dal DM CAM per il contenuto di riciclato è: “una dichiarazione ambientale di Prodotto di Tipo III (EPD), conforme alla norma UNI EN 15804 e alla norma UNI EN ISO 14025, quali ad esempio lo schema internazionale EPD© o EPDItaly©, con indicazione della percentuale di materiale riciclato ovvero recuperato ovvero di sottoprodotti, specificandone la metodologia di calcolo”.

Consideriamo una EPD presente in rete, rilasciata da RINA, sul Programma “The International EPD® System“ del Program Operator “EPD International AB” “In conformità con le norme ISO 14025 e EN 15804:2012+A2:2019”, “valida fino al 2026-05-07” e relativa a: “Pilastro autoportante in acciaio, indicato per infrastrutture, grandi opere ed edilizia residenziale così come per costruzioni in zona sismica. Viene riempito di calcestruzzo in cantiere dopo il montaggio.”

Sicuramente i requisiti facciali del Certificato sono impeccabili ma il CAM Coordinator non può fermarsi a questo.

Per le caratteristiche tecniche del pilastro si legge: “Profilo in acciaio strutturale S275/S355 ai sensi della norma EN 10219-1 abbinato ad una gabbia interna in acciaio ad aderenza migliorata tipo B450C ai sensi della EN 10080 ed a piastre aggettanti in S355J0 (EN10025-2)” ed in merito al contenuto di riciclato si legge più avanti: “Quantità di materiale riciclato nel prodotto – Non essendo nota la quantità di acciaio riciclato presente nel prodotto, per tale informazione si fa riferimento al dataset di produzione media europea di acciaio strutturale di Ecoinvent, caratterizzato da una quota di acciaio riciclato pari al 16%.”

Incrociamolo ora con quanto previsto dal DM CAM al par. 2.5.4 Acciaio. “Per gli usi strutturali è utilizzato acciaio prodotto con un contenuto minimo di materia recuperata, ovvero riciclata, ovvero di sottoprodotti, inteso come somma delle tre frazioni, come di seguito specificato:

– acciaio da forno elettrico non legato, contenuto minimo pari al 75%;

– acciaio da forno elettrico legato, contenuto minimo pari al 60%;

– acciaio da ciclo integrale, contenuto minimo pari al 12%.”

Poiché sia la EN 10219-1 che la EN 10025-2, dichiarate dal fabbricante, sono relative al solo acciaio NON LEGATO (si rileva già dal titolo di tali norme), dobbiamo cominciare a escludere, nella relazione CAM, la provenienza da forno elettrico.

Rimane, come unica opzione, l’acciaio da ciclo integrale che, come sappiamo, è usato solo dall’1% delle acciaierie in Italia, quindi di incerta reperibilità.

Ma il CAM Coordinator non può ancora fermarsi.

Il DM CAM indica i possibili mezzi di prova come prova certa della presenza di riciclato nel prodotto in una data percentuale e non con un ragionamento statistico. Cioè il produttore di pilastri deve dimostrare di aver ricevuto acciaio con percentuale certa e certificata di materia riciclata e non con un mero approccio statistico, tanto è vero che chiede espressamente di specificarne “la metodologia di calcolo”, cioè computare come il materiale certificato ed utilizzato in un certo pilastro concorra in peso a raggiungere la percentuale richiesta sulla “unità funzionale” del prodotto. E questo è indissolubilmente legato ad una procedura di tracciamento dei materiali in officina.

Dobbiamo dedurre che il certificato EPD esaminato sia sbagliato o che menta su qualcosa? Assolutamente no!

Una EPD è concepita come una mera fotografia delle proprietà di un prodotto nei riguardi dell’ambiente e non prevede alcun confronto con requisiti di alcun tipo. E’ solo una “etichetta”, al pari di una etichetta alimentare che ci dirà quante calorie sono contenute in un prodotto ma non lo confronta a nessuna griglia per determinare se quel dato quantitativo di calorie è basso, alto o giusto. L’idoneità di quel cibo và rapportata ad una specifica persona: un dolce per un diabetico è veleno mentre per un ipertiroideo è una fonte di sopravvivenza. L’etichetta non dà alcun giudizio di idoneità. Meno che meno la EPD nei confronti del DM CAM che, peraltro, è nato dopo.

In definitiva, l’etichetta che abbiamo commentato è assolutamente corretta e precisa ma i pilastri cui si riferisce, semplicemente, non sono idonei a soddisfare i Criteri Ambientali Minimi.

Ed è dopo questa disamina che il Cam Coordinator potrà dare il giusto peso a frasi come la seguente (contenuta nel citato EPD): “Efficienza strutturale, alto contenuto di riciclato, reimpiego dei materiali dopo la decostruzione e altri benefici lungo tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto consentono l’ottenimento di crediti per la certificazione ambientale LEED” che, se prese in maniera acritica, potrebbero portare a scelte inappropriate.

Da questo esempio, assolutamente ripetibile per molti prodotti e per molti mezzi di prova, ne deriva la delicatezza dei compiti del CAM Coordinator che non può assolutamente limitarsi al frontespizio dei certificati che dovrà richiedere, ma dovrà entrare nel merito specifico esplicitando le proprie prescrizioni e/o esclusioni.

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