Pilastri prefabbricati in calcestruzzo centrifugato

14 Luglio 2017

Autore: Ing. Livio Izzo
 
Editore/Rivista: IMREADY / INGENIO
 

Una tecnologia molto interessante in un quadro normativo che resiste alle innovazioni.

La tecnologia del calcestruzzo centrifugato nasce con i pali, cui si addice perfettamente. L’utilizzo di questa tecnologia per produrre pilastri strutturali è nata solo in tempi relativamente recenti e, a tutt’oggi, i pilastri centrifugati risultano ancora prodotti “innovativi”, cioè non coperti da una norma di prodotto armonizzata e, quindi, producibili solo se “normati” da un ETA (European Technical Approval). Infatti, a fronte di concreti vantaggi, rimangono parecchi aspetti di tipo non tradizionale per il loro inserimento in una struttura.

Durante il processo di aggiornamento della UNI EN 13225 (Elementi strutturali lineari), sfociato nella attuale versione del 2013 (2015 versione italiana), ero un componente della UNI CIS GL3 Elementi Prefabbricati in Calcestruzzo. Con molta fatica si era arrivati ad una bozza finale che comprendeva anche la normazione di questi pilastri, fortemente voluta dai tedeschi che sono più avanti di tutti, ma poi, considerando questo argomento ancora non “maturo”, tutto il paragrafo è stato cassato, per non ritardare l’aggiornamento della norma, rinviandolo all’aggiornamento successivo (che però ancora deve partire).

Vediamo brevemente come funziona e cosa promette questa interessante tecnologia.

La gabbia ed il cls vengono posati in un cassero chiuso su tutti i lati (normalmente, quindi, si tratta di un cassero su tre lati con un coperchio da serrare a ferro) successivamente inserito in una centrifuga che è composta da un tubo di diverso diametro (da poche decine di centimetri a qualche metro) che viene fatto ruotare attorno all’asse agendo su una direttrice per mezzo di ruote dentate poste lungo la circonferenza.

La forma del cassero, quindi, è assolutamente libera (quadrato, rettangolare, circolare, ogivale, poligonale etc.) purché contenuta nella centrifuga adatta (normalmente in uno stabilimento si tengono centrifughe di svariati diametri.

Dopo la centrifugazione, il cls risultante ha alcune caratteristiche specifiche che riguardano la resistenza (molto alta; può superare i 100 Mpa!) e la rugosità (la superficie si presenta liscia come se fosse stata levigata. Quest’ultima caratteristica comune a tutta la superficie esterna senza eccezioni, accompagnata dall’utilizzo di inerti e cemento pigmentati (oltre che con casseri di forma qualsiasi), permette un aspetto estetico di sicuro impatto architettonico! 

A fronte di ciò, si crea inevitabilmente un vuoto, nella parte centrale del pilastro, che va gestita strutturalmente o considerando la sezione resistente parzializzata o riuscendo a colarci dentro del cls in opera.

Si potrebbe pensare che fra i plus potrebbe esserci anche l’alta resistenza ma, scendendo nel dettaglio, purtroppo non è così.

Intanto la resistenza deve essere plafonata ai valori ammessi dalle NTC, o dagli eurocodici: in particolare i cls oltre la classe 70/85 Mpa devono essere autorizzati (NTC par. 4.1 penultimo capoverso)) ed i valori oltre la classe 45/55 devono essere soggetti a sperimentazione preventiva con produzione poi soggetta a “specifiche procedure per il controllo qualità” (NTC par. 4.1 ultimo capoverso. Procedure tutt’altro che semplici e di costo non indifferente che presupporrebbero un mercato fiorente per essere applicate in Italia.

Ma la questione più problematica è di come realizzare i nodi intermedi dei conci pluripiano, volendo realizzare dei nodi strutturali “umidi”, cioè da completare in opera con un getto integrativo.

Infatti sarebbe oltremodo diseconomico immaginare dei getti integrativi con classe di cls così alta nè sarebbe meno diseconomico gestire un cls di classe alta vicino ai nodi ed un cls di classe “normale” per la restante parte dell’impalcato (travi e solai).

Le soluzioni possibili sono, allora, o di innestare le travi lateralmente al nodo, dando così continuità al cls centrifugato, oppure di attraversare il nodo con una potente attrezzatura in acciaio da carpenteria però, nel primo caso la connessione diventa difficile da realizzare in cantiere e, nel secondo caso, si passa attraverso una connessione atipica (magari anche ingegneristicamente valida e/o brevettata) da assoggettare ad un certo non economico ETA.

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