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Pilastri prefabbricati a nodo umido strutturale in calcestruzzo

Il pilastro prefabbricato a NUS si è inserito storicamente, nell’evoluzione della tecnologia fin dagli anni ‘90, come l’anello di congiunzione di un sistema di prefabbricazione che è progredito (quello semi prefabbricato e iperstatico nativo) e di un altro che è regredito (quello totalmente prefabbricato e isostatico nativo). Il pilastro come elemento strutturale è lo stesso, ma questo può abbinarsi a componenti leggere come le travi PREM e realizzare un nodo monolitico a tutti gli effetti, nel primo caso, oppure a pesanti travi prefabbricate con problemi di connessione al nodo, in zona sismica, molto più complessi e costosi, nel secondo caso.

Il pilastro prefabbricato a NUS viene realizzato in stabilimento con armature in acciaio B450C e un calcestruzzo di classe consona allo specifico progetto, di norma C40/50.

Inoltre, nella progettazione e nella produzione, è prestata adeguata cura alla disposizione dell’armatura verticale al fine di garantire la totale compatibilità geometrica sia con le travi e le armature orizzontali convergenti al pilastro sia con i dispositivi e le armature di ancoraggio predisposti in fondazione.

Il collegamento dei pilastri, sia in corrispondenza delle fondazioni sia in corrispondenza della giunzione fra conci pluripiano, avviene correntemente con l’impiego di inserti in acciaio marcati CE comunemente denominati “scarpe”.

Durante la realizzazione delle fondazioni si deve posizionare nella gabbia di armatura un gruppo di tirafondi che, con l’ausilio di una dima metallica, sarà posizionato facilmente ed entro le tolleranze ammesse. I tirafondi sono costituiti da elementi in acciaio che presentano all’estremità superiore, che fuoriesce dal getto delle fondazioni, una parte filettata, mentre nella parte inferiore terminano con risalti o sagomature atte a garantire l’ancoraggio anche con ingombri ridotti.

La posa del pilastro viene preparata disponendo sui tirafondi filettati dadi e rondelle e regolando la quota di posa e la planarità. Terminata questa rapida fase di preparazione si procede alla posa del pilastro, all’inserimento di rondelle e dadi di fissaggio. Tramite la rotazione dei dadi inferiori si procede alla regolazione della perfetta verticalità ed infine al serraggio definitivo dei dadi superiori ed alla posa di controdadi, senza mai l’utilizzo di puntelli o sbatacchi.

Completa la messa in opera del pilastro il ripristino della sezione tramite malta a ritiro e caratteristiche meccaniche controllate.

Nel caso in cui gli inserti “scarpa”, disponibili con molteplici caratteristiche di resistenza, non risultino sufficienti al trasferimento delle azioni di progetto il sistema può essere integrato con l’utilizzo di armature aggiuntive quali ferri di chiamata con guaine corrugate inserite nei pilastri, senza perdere i vantaggi offerti dal sistema: assenza di puntellazione e sbadacchiatura.

In alternativa alle scarpe, la solidarizzazione può essere ottenuta unicamente con l’inserimento di malta antiritiro ed a resistenza controllata in appositi innesti coincidenti con i ferri di chiamata e praticati nell’elemento prefabbricato in fase di produzione (guaine corrugate).

Due sezioni caratteristiche di questa tipologia (atipiche rispetto al c.a. in opera) risultano essere la sezione di attacco in fondazione e la sezione di compresenza di ferri di chiamata e armatura dell’elemento prefabbricato.

Normalmente in un pilastro in opera avremmo la sovrapposizione dei ferri d’attesa e dei ferri della gabbia di piano. Avremmo comunque e sempre, cioè, una sovrapposizione dei ferri della gabbia con i ferri d’attesa ma la sovrapposizione dei ferri avviene ad ogni piano mentre in un pilastro prefabbricato a NUS tale sovrapposizione avviene solo al piede di un singolo concio pluriplano, con una armatura complessivamente molto più lineare per i restanti piani. Soluzione che comporta diversi benefici come: minor utilizzo di ferro (poiché ad ogni sormonto i ferri vengono contati 2 volte), qualità maggiore e più controllata (perché il sormonto non è lasciato alla minore precisione del cantiere), risparmio di tempo e di tiri di gru.

L’apparente limite di dover avere le guaine in punti fissi, poi, comporta di dover adottare una precisione particolare che diventa automaticamente un punto di forza poiché si è certi della posizione dei ferri: posizione certa dei ferri di ripresa a fronte di ciò che avviene di solito in cantiere.

La sezione di attacco in fondazione (nella figura 9, Sez. A-A) è interamente costituita dalla malta e dai ferri di chiamata; in fase di montaggio vengono aggiunte, se previste in progetto, una o più staffe per garantire l’effetto di confinamento della zona così definita (per importanti altezze di inghisaggio).

La sezione di compresenza di chiamate ed armatura interna del pilastro (nella figura 7, Sez. B-B) si differenzia rispetto alla sezione C-C, per la presenza delle guaine corrugate riempite di malta e della doppia armatura (gabbia + ferri di ripresa).

È necessario, naturalmente, che i ferri di chiamata inseriti in fondazione presentino una lunghezza sufficiente per trasferire le tensioni al pilastro attraverso le guaine.

La zona di collegamento del pilastro con le fondazioni, (sezione A-A e sezione B-B), risulta particolarmente critica in quanto va verificata con sollecitazioni amplificate per tenere in considerazione i coefficienti di sovraresistenza in zona sismica. Questa seconda tipologia di connessione, tuttavia, comporta dei rallentamenti in fase di montaggio ed è applicata, quindi, solo in casi residuali.

Nodo strutturale e concettuale del pilastro prefabbricato a NUS è quello fra travi e pilastri che deve soddisfare le esigenze strutturali della prima fase, di montaggio a secco, e della seconda fase di continuità e monolitismo strutturale. Infatti, l’appoggio delle travi sui pilastri prevede il prolungamento delle armature longitudinali, oltre il termine del fondello di cls delle travi stesse, e la possibilità di effettuare un getto integrativo che dia continuità strutturale al nodo.

Le soluzioni seguono due approcci alternativi: rastremare le armature del pilastro in corrispondenza del nodo ed appoggiare le travi direttamente sul fusto oppure mantenere continue le gabbie di armatura del pilastro e attrezzare il pilastro con mensole di piano. Il primo approccio lascia in seconda fase un nodo senza mensole e, quindi, del tutto identico ad un nodo strutturale in c.a. gettato in opera. Si capisce quindi perché sia gradualmente ma decisamente diventato lo standard per le produzioni più evolute: la precisione richiesta, infatti, risulta molto maggiore sia in fase di progettazione che di produzione. Per completezza, tuttavia, riportiamo anche le altre soluzioni praticate, ormai, in casi residuali o da produttori meno innovativi.

Per garantire un adeguato appoggio alle travi, nella fase di getto, si forma una gabbia di armatura dei pilastri più compatta che viene sovrapposta alla gabbia inferiore e superiore ed opportunamente dimensionata sia per tener conto della geometria ridotta che per tenere in conto il funzionamento in fase di montaggio.

La soluzione presenta decisamente il massimo appeal a fronte di un maggior costo di armatura, e di relativo assemblaggio della stessa, ed una maggiore accuratezza sia in fase di progettazione che di produzione.

La soluzione con mensole provvisorie fornisce una portata sufficiente solo per i carichi di prima fase, mentre i carichi di seconda fase saranno trasmessi direttamente al nucleo del pilastro tramite le armature integrative delle travi ed il calcestruzzo.

La soluzione con mensole definitive permette di sostenere sia i carichi di prima che di seconda fase grazie alle maggiori dimensioni e ad adeguate armature predisposte nelle mensole. Alle armature integrative delle travi convergenti al nodo ed al getto integrativo è lasciato solo il compito di garantire il monolitismo per la trasmissione dei momenti al pilastro ed alle altre travi convergenti nel nodo. Evidente il minore appeal estetico ed i costi di produzione.

La soluzione con mensola di acciaio a recupero è fissata su boccole in grado di sostenere i carichi di prima fase sino all’avvenuta maturazione del calcestruzzo integrativo gettato in opera, dopo di che può essere facilmente rimossa e riutilizzata. Il vantaggio di questa tipologia consiste nel non presentare, al termine della costruzione, alcun ingombro all’intradosso delle travi come nel caso dell’assenza di mensole ma lo svantaggio sta nel suo maggiore costo.

Una mensola a rastremazione viene realizzata con la semplice rastremazione del pilastro all’interpiano. É sicuramente la soluzione più naturale ma, purtroppo, per poter essere realizzata devono coesistere compatibilità geometriche e di carico piano per piano, cosa non sempre possibile. Infatti quando sono presenti numerosi livelli le dimensioni alla base del pilastro possono diventare rilevanti per permettere il susseguirsi delle rastremazioni fra piano e piano, situazione non sempre compatibile con le esigenze architettoniche. Inoltre, rimane scoperto l’appoggio dei solai che devono quindi essere puntellati durante il getto.

L’abbinamento è possibile con tutti i modelli e le categorie strutturali di Travi PREM senza alcuna limitazione anche se la scelta più naturale è di abbinarci travi PREM di categoria c.a. con fondello in cls (PREM b2). Infatti esse ricadono nella stessa categoria strutturale del c.a. e sono marcate CE come, d’altronde, anche i pilastri prefabbricati a NUS.

Ambito applicativo ottimale

I vantaggi del pilastro prefabbricato a NUS sono molteplici:

  • Sostituisce strutturalmente il getto in opera industrializzando il cantiere;
  • Permette un montaggio pluripiano autoportante assieme alle travi ed ai solai;
  • Garantisce la stessa monoliticità del c.a. ma con nodi meno carichi di armature per via della autoportanza delle travi;
  • Presenta una Resistenza al fuoco nativa.

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